Battuta del giorno da Nobel

“Ucciderei pur di ottenere il Nobel per la Pace.”

“Posso perdonare Alfred Nobel per aver inventato la dinamite, ma solo un diavolo in forma umana può aver inventato il Premio Nobel.” George Bernard Shaw

“È difficile individuare lo stupido. Uno stupido può prendere anche il premio Nobel.”. Umberto Eco

“Dare il Nobel per la pace a Obama è come dare un Oscar a qualcuno per incoraggiarlo a fare un film decente. Christopher Eric Hitchens

“Lo scienziato svedese Alfred Nobel inventò la dinamite e divenne milionario. Quando suo fratello maggiore, Ludwig, morì per una crisi cardiaca il 12 aprile 1888, un giornale francese credette che fosse deceduto l’inventore in persona e pubblicò un necrologio descrivendolo come un ‘mercante di morte.’ Leggendo questa notizia, Nobel fu stupito non tanto dal fatto che si annunciava la sua morte prematura ma all’idea che dopo la sua morte non si sarebbe parlato di lui che come ‘mercante di morte.’ Il bisogno di riparare a quest’immagine fu una delle ragioni principali che lo portarono a includere nel suo testamento la fondazione di un premio Nobel destinato a ricompensare, ogni anno, quelli che si sarebbero distinti nel campo della pace, della letteratura e delle scienze.”

13 pensieri riguardo “Battuta del giorno da Nobel

  1. Il tuo articolo è un intreccio brillante di ironia, storia e riflessione: l’hai reso scorrevole e incisivo, capace di unire leggerezza e profondità.

    Leggendo di Nobel e del suo “mercante di morte” mi è venuto spontaneo pensare a quanto ognuno di noi, in fondo, tema l’eredità che lascerà: non tanto quella materiale, ma l’impronta del proprio nome, il modo in cui verrà ricordato. Nobel ha cercato di ribaltare la sua ombra con un atto che trasformasse distruzione in riconoscimento, morte in memoria di pace.

    È un paradosso affascinante, e tu lo hai raccontato con grande maestria.
    Personalmente credo che il vero “premio” non stia nel riconoscimento ufficiale, ma in ciò che le nostre azioni riescono a seminare negli altri: il bene che non ha firma, né medaglie, ma resta come un seme invisibile.

    Grazie per avermi fatto riflettere ancora una volta sul potere della memoria e sulla fragilità dell’immagine che costruiamo di noi stessi. La tua scrittura non è mai semplice cronaca, ma arte che lascia traccia.

    P.s. dico sempre che mi piace pensare che i miei figli, un giorno adulti leggeranno il mio blog ..e l’idea mi affascina. Perché spero vedranno l’uomo e l’anima e le parole del loro papà.

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    1. Urka Raffa… che scivolo che concedi alle masse… corretto paragone.Ciò che mi colpisce di lui non è la sua grandezza tecnica, ma la sua fragilità umana.
      Il suo sguardo, dopo Trinity, non è quello di un vincitore, ma di un uomo che ha intravisto l’abisso.
      E nelle sue parole celebri “sono diventato Morte, il distruttore di mondi” non sento arroganza, ma un’invocazione, quasi una confessione di chi ha capito di aver superato un confine da cui non si torna indietro. Credo che lui a differenza di Nobel – ha davvero subito l’onda emotiva di ciò che ha creato.

      Oppenheimer resta per me la personificazione del nostro eterno conflitto: il desiderio di conoscere, di andare oltre, e la paura di non saper contenere ciò che scopriamo.

      Chiaro l’inventore di un auto non ti consiglia di andare a 200km orari… deduco che il peggiore elemento è chi usa la bomba non solo chi inventa. Però è giusto questa proporzione…ritengo corretto paragonare i due personaggi

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      1. Le industrie che producono armi hanno da sempre respinto la responsabilità per l’uso che si fa del loro prodotto, e fino a un certo punto la loro linea di difesa è giusta: io produco pistole, ma non posso rispondere del pazzo che con la pistola fa fuori degli innocenti. Ma quello che ha creato Oppenheimer è qualcosa di più di una pistola. E’ uno strumento di distruzione di massa, che non solo uccide sul momento, ma comporta terribili conseguenze nel tempo e sulle generazioni future.

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      2. Chiaramente non sto giustificando nulla, e resto in sintonia con te su tutta la linea.
        Ma non possiamo dimenticare che oltre al creatore dell’atomica esiste un popolo — gli Stati Uniti — che da quando sono stati “scoperti” hanno costruito la loro storia sul dolore altrui.
        La tratta degli schiavi, la persecuzione degli uomini di colore, le guerre per il petrolio… l’elenco delle ferite è infinito e mai davvero rimarginato.

        A Pearl Harbor i giapponesi hanno attaccato. Ma la risposta? Non fu difesa: fu sterminio.
        Due bombe atomiche, sganciate con coscienza lucida e fredda. Non un gesto di emergenza, non un errore: una decisione calcolata, voluta, cercata. Chi ha scelto quell’atto sapeva che avrebbe cancellato vite, generazioni, città intere. Eppure lo ha fatto.

        Non dico che chi ha inventato l’atomica non porti colpa: la responsabilità dell’idea resta. Ma la colpa più grande è di chi trasforma l’idea in strumento di distruzione, di chi decide di premere il pulsante.
        E in questo senso la colpa è collettiva: la scienza che apre la porta, la politica che varca la soglia, l’umanità che resta spettatrice.

        Gli americani, da secoli, incarnano questa tirannia sottile e mai accusata: vincono scrivendo la storia, e la scrivono sempre dalla parte del più forte.
        Un tiranno vivo che si traveste da salvatore, mentre accumula guerre, vittime e menzogne.

        La differenza tra il creare e il decidere è il segno del nostro fallimento: perché creare è gesto di scoperta, decidere di distruggere è marchio eterno di un male inesauribile. Stiamo dicendo la stessa cosa e io ho aggiunto Non giustificando un ulteriore elemento che non può non essere cosindiderato.
        Quando a Černobyl’ esplose il reattore, provocando danni che ancora oggi paghiamo, la colpa non fu di quattro ingegneri che portarono il sistema a un punto di non ritorno.
        La vera responsabilità fu dell’Unione Sovietica, che pur di eseguire un test impose loro un compito impossibile, costringendoli a una distruzione inconsapevole nella volontà, ma certa nella conoscenza di quel limite.

        Spesso la mano che provoca non è che lo strumento: la vera colpa appartiene alla tirannia che impone, a chi decide dall’alto e sacrifica vite per il proprio potere.
        Solo questo, Raffa… ho voluto ampliare, indicando le colpe a chi davvero le porta.

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