Racconto di disabilità al delirio (lavoro) Il dentista doriano e il collega genoano.

Ieri parlando (figurativo) con Elettrona di il mondo positivo si discuteva di disabilità e delle domande sceme che spesso fa a persone con disabilità o a atteggiamenti sbagliati, lei ci vedeva ( figurativo spero che sorrida alla battuta) Elettrona è cieca, il primo passo verso la discriminazione, io non la penso così spesso è solo stupidità o non conoscenza del problema.

Al delirio abbiamo avuto anni fa una serie di ragazzi con problemi soprattutto con limiti d’intelligenza, ma visto il contesto pieno di colleghi d’imbecilli la cosa poteva passare inosservata, anzi qualcuno li avrebbero potuto prendere anche per dei capi.

Questi ragazzi uno per volta rimanevano qualche mese con noi e poi andavano verso il loro destino.

Chiaramente venivano affidati a me o al mio collega . Avrei dovuto fare l’assistente sociale come dico sempre.

” Fategli fare qualcosa e state attenti che non si facciano male ” erano le uniche raccomandazione che ci venivano date.

Nessun tipo d’informazione sul ragazzo.

Chi mi conosce sa che ho il dono dell’empatia e se VOGLIO ultimamente sempre meno sono in grado di fare amicizia con chiunque. .

Con questi ragazzi ho avuto ottimi rapporti e ancora adesso dopo anni se ci vediamo ci salutiamo con calore.

Mai trattati come dei disabili ,capito i loro limiti ho sempre preteso il meglio da loro e se non lo facevano li cazziavo come avrei fatto con chiunque altro.

Ma una volta senza volere ho combinato un guaio. Fabio lo chiameremo doveva fare un operazione alla bocca in ospedale e si sarebbe assentato per qualche giorno la settimana che sarebbe arrivata.

Fabio è un tifoso sfegatato del Genoa e non so per quale motivo per scherzare gli avevo detto che conoscevo il dottore che l’avrebbe operato e che era a sua volta un doriano sfegatato, che se sapeva che era genoano lo avrebbe operato senza anestesia e facevo il rumore del trapano mimando il dottore che lo operava., diciamo che sempre per scherzare la cosa era stata detta più volte.

Era chiaramente una battuta, evidentemente la cosa non era credibile.

Il giorno dopo mi sono trovato la madre di Fabio che mi pregava gentilmente ( padre e madre due splendide persone) di dire a Fabio che stavo scherzando perché non voleva più andare a in ospedale a farsi operare dal dottore doriano.

Ho chiesto imbarazzato scusa alla madre di Fabio, che mi rispondeva che non dovevo scusarmi di niente.

Chiarito l’equivoco con Fabio e tranquillizzato sul dottore abbiamo iniziato una nuova giornata di lavoro insieme.

Questo per spiegare ad Elettrona che si possono dire o fare cose sbagliate ma non necessariamente dietro ci dev’essere della malafede. Spesso le persone dicono o fanno cose con leggerezza molte volte per semplice ignoranza senza pensare di ferire in qualche modo la persona davanti a se.

Indubbiamente per me l’episodio con Fabio è stato un grande insegnamento.

Dopo l’operazione è tornato il medico doriano che lo trapanava senza anestesia, ma ora anche Fabio rideva al rumore del trapano.

22 pensieri riguardo “Racconto di disabilità al delirio (lavoro) Il dentista doriano e il collega genoano.

  1. Gli errori in buona fede li compiamo tutti.
    Anch’io ho a che fare con colleghi con vari tipi di disabilità (motoria, uditiva, intellettiva): sempre trattati con normalità, senza falsi pietismi, e senza favoritismi.
    E’ il modo migliore per garantire a tutti l’uguaglianza che è nei loro diritti.

    Piace a 3 people

    1. Sono Gifter e anch’io all’inizio ho commesso “errori” anche se poi erano tali solo nella mia coscienza: “Elettrona c’è il sole? Hai guardato fuori?” Dovevamo trovarci di persona e volevo sapere il meteo per capire come vestirmi. Lei però ha risposto “dal telefono danno sole ma poi il tempo fa sempre il cavolo che pare a lui.” Discorso morto lì.

      Piace a 1 persona

  2. Per me l’unica vera e grave disabilità è essere senza cuore ❤️ e tu Allegro ne hai uno grande grande. Non lo dico a nessuno, ma tanto vuoi che non lo sappiano? Buongiorno di cuore ❤️ allora, caro Allegro! 😀

    Piace a 1 persona

      1. Sono l’altro autore del Mondo Positivo e non entro nel merito della disabilità ma sul terrore degli ospedali tocchi un nervo scoperto, giusto per restare in tema: uno scherzo del genere avrebbe fatto paura anche a me perché ho il terrore degli aghi e specialmente del trapano del dentista e, nel caso, ti avrei fatto correre dietro “dai pulotti dai caramba e pure dei casini con la guardia di finanza” [cit. una canzone degli articolo 31]
        No scherzo, al massimo avrei potuto vendicarmi provando a scovare le tue paure più insidiose e andare a colpirti inaspettatamente proprio lì. Do ut des.
        Quella degli aghi è una paura che ho affrontato e superato per causa di forza maggiore ma il dentista no! Anche il rumore del trapano in un effetto audio registrato mi dà i brividi!
        Ora vai a letto immaginando un uomo grande grosso alto uno e novanta che trema quando va a curarsi i denti. Stop.
        [Gifter]

        Piace a 1 persona

      2. Buon giorno. Pensa che più di una volta se non erano cose troppo invasive ho rifiutato anche l’anestesia.( già anche scritto nel blog)
        Certo mi fido della mia dentista e lei si fida di me .
        Ho la soglia molto alta del dolore chiaramente.
        Buona giornata

        Piace a 1 persona

  3. Nominato il diavolo e Elettrona arriva.
    Tutti oggi che mi chiamano.
    Gifter, l’altro autore del Mondo Positivo, di prima mattina a dirmi “vai sul post di allegropessimista a proposito delle parole sulla disabilità e dagli le dritte perché io non lo so fare”…
    E allora andiamo con ordine. Intanto qui.
    Purtroppo quando si parla di disabilità cognitive è sempre difficile, probabilmente questo Fabio non sapeva come farti capire di non aver recepito lo scherzo e ha coinvolto i genitori. Problemi di comunicazione.
    Le domande idiote che intendo io sono altre: “come fai a far sesso senza vedere?” “Come fai a pulirti il culo?” “Ma ti imboccano, a tavola?” “Come fai a scrivere senza errori di battitura?” Quella roba ha ben poco di genuino e sono fatte apposta per ferire e discriminare.
    Io ho una persona a lavoro che mi fa girare le palle perché ogni qual volta usa il termine “vedere” si scusa. Facendomi sentire ancora più “diversa” di quello che sono. Perché se ogni volta che usi il termine “guarda, vedi, punto di vista…” ti devi scusare o correggere con parole diverse, è come se mi dicessi ogni volta sulla faccia “tu sei diversa da me quindi ti devo parlare in modo diverso”; ma porca puzzola è così difficile da capire che se manca la vista non manca la comprensione del linguaggio e l’uso delle metafore?
    A meno che la cecità non venga usata come sinonimo di indifferenza in senso negativo, tipo: “padre orco abusa delle figlie, madre cieca non se ne accorge” – titolo reale di qualche tempo fa-.
    Là mi ha dato noia non per me ma perché avevo scambiato il titolo per una drammatica storia in cui una persona con disabilità visiva fosse stata abusata insieme alle figlie da un uomo prevaricatore invece lei vedeva benissimo con gli occhi però era talmente succube al marito da non accorgersi di cosa succedeva; lì il “madre succube non se ne accorge” andava benissimo senza stare a tirare in ballo la disabilità visiva però il clickbait è clickbait alla fine e allora che fai, o t’incazzi o li compatisci.
    Io non mi faccio scrupoli sull’orientamento sessuale di qualcuno prima di dirgli “va in mona” o “vaffan**lo…” né gli chiedo se è stitico prima di mandarlo a cagare. Se necessita, ce lo mando e basta! Allora perché cacchio uno deve farsi le pippe mentali con me per dire “guarda”?
    Poi magari gli stessi imbecilli patentati che cambiano il “guarda” con supercazzole inventate al momento, se devono darmi indicazione di un gradino dicono solo “scalino” anziché “scalino su” o “scalino giù”.
    Il cane guida -anche il peggiore- grazie al lavoro di squadra tra addestratore, cane e conduttore, capisce che si deve fermare di fronte a un gradino singolo o una scala e quando il conduttore dà il comando specifico, il cane avanza con le zampe anteriori e a seconda di come si muove tu comprendi se sale o scende.
    L’essere umano dotato di intelligenza “superiore” invece, spesso e volentieri non ci arriva al fatto che se sei privo della vista e si cammina fianco a fianco, lui ti deve avvertire che lo scalino è a salire o a scendere. E spesso accade pure di doverglielo spiegare OGNI VOLTA.
    A questo punto ho preferito quando con Gifter ci siamo incontrati per la prima volta di persona: parlandomi stava di fronte a me in piedi, grande e grosso. Va bene non vedo ma che uno è alto o basso lo si capisce da dove rispetto alla tua faccia provenga il suono. E lì una domanda che non mi sono mai sentita fare perché è la cosa più naturale del mondo. “Come fai a dar la mano?”
    La ho semplicemente allungata. e mi sono messa a ridere: tu la vedi la mia mano, io no. Per cui sei tu che stringi! Piacere, Arcibaldo Stringimerda (è una goliardata infantile) e lui ha risposto al gioco rincarando la dose e facendo un siparietto stile film Philadelphia, in quella scena dove l’avvocato HIV negativo indietreggia dopo aver stretto la mano a quello positivo solo che Gifter si è tirato indietro quando io gli ho detto di essere il polo negativo. Era l’inizio di quello che sarebbe diventato “Il Mondo Positivo” più avanti. Ma i vari siparietti hanno potuto svilupparsi dal vivo perché avevamo una confidenza molto stretta nata da Internet, dove ci scambiavamo giocose cattiverie senza filtro già da diversi mesi. Poi si è finiti in costume da bagno tutti quanti, io lui e il suo compagno, fuori a tirarci gavettoni (palloncini d’acqua) e la si è buttata in caciara.
    Se invece a stringersi la mano sono due persone che non ci vedono, allora ci si schiocca le dita per orientarsi reciprocamente. Comportamento che poi ho pure adottato con la storia del covid quando si era in piena emergenza e veniva imposto il distanziamento fisico, perché la cosa del gomito l’ho sempre trovata una stronzata scientificamente galattica. Se tu ti copri il volto col braccio quando starnutisci o tossisci, è la parte interna del braccio a stare a contatto con la faccia ma i virus non si fermano lì, sicuramente vanno anche dalla parte esterna – quella che va a contatto col braccio dell’interlocutore. Quindi la probabilità di contaminazione c’era comunque; allora tanto valeva stare distanti un metro e schioccarsi le dita. E che cazzo.

    Piace a 3 people

    1. Questo tuo commento è illuminante.
      Personalmente credo che l’ eccesso di “politicamente corretto” che viviamo in questi tempi faccia più danni di qualsiasi ignoranza o mancanza di tatto possa esserci stata nei decenni passati. Se il “non disabile” perde tempo a compatire il “disabile” e a cercare il modo di non offenderlo, non gliene resta per fare quello che sarebbe invece normale ed auspicabile fare, cioè comunicare. Comunicare, cazzo, che poi è tutto quello che serve per rapportarsi con un’ altro essere umano. Scusami se ti prendo come parte di un esempio: tu ed io, in questo momento stiamo comunicando. Io posso leggerti e scriverti e anche tu puoi farlo. Usiamo strumenti diversi, almeno per leggere, ma facciamo le stesse cose. Lo strumento che usi tu per leggere è diverso dal mio, ma non è figlio del “politicamente corretto”. Chi l’ ha inventato non è stato lì a perdere i suoi giorni ad inventare nuove perifrasi per dire “cieco”: ha solo pensato “come cazzo fa un cieco a leggere un testo” ? E ci ha lavorato sopra. Punto.
      Ecco, io credo che sia questo che serve, solo questo e niente altro. Tutto il resto è solo una questione di mera educazione e rispetto per il prossimo, cosa che vale per tutti ed in entrambi i sensi. Se un disabile a qualsiasi titolo si rivolge a me in maniera maleducata io lo mando a fare in culo esattamente come farei con chiunque altro.

      Mi torna in mente una freddura anni ’80 molto poco politicamente corretta:

      “Aò, ma lo sai che Ray Charles e Stevie Wonder hanno litigato di brutto” ?
      “Davvero ? E perchè” ?
      “E niente, nun se potevano vedè”…

      Piace a 1 persona

      1. Mi si è piantato lo smartphone sull’app di WordPress/JetPack e non riesco a rispondere, domani la disinstallo e la rimetto su. Vediamo cosa succede intanto vado da PC.
        sì OK, Ray Charles e Stevie Wonder ma si può anche mettere Aleandro Baldi e Bocelli, la Minetti e Bocelli, Stevie Wonder e Bocelli, insomma qualunque duo di VIP va sempre bene perché si danno botte da orbi lo stesso e qui VIP è un termine assolutamente appropriato in quanto significa “very Important Person”” [celebrità] ma anche Visually Impaired Person (o people, ovvero persona/e con disabilità visiva).
        A proposito di “politicamente corretto” bisogna stare attenti a non abusare di questa dicitura però, perché spesso mi sento dire “ma che palle questo politiblablabla” quando sto semplicemente CORREGGENDO una persona che parla male e, se si vuole comunicare in modo adeguato con ma soprattutto _di_ disabilità o “diversità” in generale bisogna saperlo fare e non ripetere concetti così perché li si sente in giro e si ritiene siano quelli giusti.
        Per citare una celebrità ovvero Tiziano Ferro, “le parole hanno un peso”:
        SBAGLIATO dire ‘handicap’ parlando di disabilità e qui rispondo all’altro post su handicappati muti e via.
        Disabilità: la condizione. Quindi assenza o malfunzionamento fisico, sensoriale o cognitivo; il dato oggettivo. Crea dei limiti? Sì e NON bisogna negarli. Crea degli handicap? DIPENDE.
        Handicap: lo SVANTAGGIO derivato dal contesto sociale, culturale o ambientale in cui la persona con disabilità si trova. Non è un caso se una delle più grandi associazioni si chiama “Federazione Italiana Superamento Handicap”. Perché con le giuste modalità di interazione con l’ambiente, la persona può superare l’handicap pur rimanendo nella stessa condizione di disabilità di prima.
        Mettimi a me un quiz per smartphone, a risposta multipla. Tutto testuale (o musicale) però anziché fondare il punteggio sulle risposte esatte, i punti dipendono dalla velocità di movimento del dito… Io prima di riuscire a trovare il titolo della canzone, anche se in un secondo l’ho riconosciuta subito, per selezionare la risposta esatta ce ne posso mettere anche tre. Perché devo dare il tempo al coso vocale di leggermi tutte le soluzioni possibili.
        Oppure un ascensore coi bottoni touch. Non è che la mia disabilità mi impedisca di usare gli ascensori, né di fatto mi impedisce di usare il touch – l’iPhone per esempio è progettato apposta col lettore e i comandi personalizzati, è una impostazione che si chiama VoiceOver. Ma nel caso dell’ascensore in questione avrei un handicap perché chi lo ha progettato l’ha fatto a misura di vista senza considerare chi ne è privo.
        E l’handicap non necessariamente riguarda la disabilità: prova a essere di religione ebraica e lavorare in un ambiente dichiaratamente filonazi…
        Limiti oggettivi di tipo fisico, sensoriale o cognitivo non ne hai; ma ti mettono in difficoltà tutti quelli che ti lavorano a fianco.
        SBAGLIATO parlare di “ipovedenti” quando si intende la disabilità visiva in generale perché “ipovedente” è chi ha un residuo visivo più o meno grave, quindi ci vede poco (o male) ma qualcosa vede. E là è un campo vastissimo dove le esigenze possono anche essere diverse persona per persona. Invece la persona cieca, quindi che non vede NIENTE, ha delle esigenze completamente diverse. Quindi dire che un sito è “ottimizzato per ipovedenti” per intendere accessibile alle persone con disabilità è sbagliato… ci sono ipovedenti che usano il mouse. Io, che non vedo un tubo, no.
        SBAGLIATO dire “costretto / inchiodato” su una sedia a rotelle. SI MUOVE su sedia a rotelle, semmai. Perché “costretto/inchiodato” è un’espressione derivante dall’immagine che la persona in grado di camminare con le proprie gambe, si fa di quella che non le muove. Quindi la costrizione/punizione/prigione. Invece, la sedia a rotelle o carrozzina che fosse, per una persona con disabilità motoria è un AUSILIO che le dà la possibilità di muoversi. E anche di girare il mondo, un mezzo che le dà la libertà NON gliela toglie .
        Ce ne sarebbero mille altre e non inerenti necessariamente alla disabilità ma non le metto su perché se no mi viene un post chilometrico e già lo è abbastanza.
        Il “politically correct” invece è qualcosa di diverso e assolutamente irritante: quando dici “di colore” a una persona dalla pelle nera. Perché cavolo questa espressione non la si usa con un giapponese, cinese, insomma qualunque altro essere umano di pelle diversa dal bianco? Il messaggio che arriva è “non dico nero perché il nero mi fa paura” allora si arriva a offenderla ancora di più, quella persona. Certo non serve mica usare quella parola simile a nero ma con la g in mezzo, si può tranquillamente chiamarlo per nome. O al massimo per nazionalità se ha un nome troppo impronunciabile e difficile da ricordare. L’africano che sta nella casa di fronte, l’afroamericano che lavora nell’ufficio vicino al mio…
        O il disastro peggiore del politically correct è quando un uomo ha delle disfunzioni all’apparato riproduttivo. Non importa se siano temporanee o permanenti, gli si dice IMPOTENTE. Una parola devastante, definitiva, che distrugge psicologicamente un uomo ancora prima di sapere se la questione sia rimediabile o meno: non ti funziona quello? Sei inutile. Non puoi fare più niente. Impotente – come lo si potrebbe dire dell’essere umano di fronte a un terremoto distruttivo che ha ammazzato mille persone in pochi secondi.
        Elettrona

        Piace a 1 persona

    2. Cercherò di farmi capire.
      Io sono quasi anziano e nonostante al delirio (lavoro) veda centinaia di persone al giorno non mi è mai capitato di avere da fare con una persona cieca e neanche nella mia vita privata. Se mi capitasse ammetto che all’inizio non saprei come comportarmi esattamente, ma credo sia normale. Chiaramente conoscendola e frequentandola poi tanti problemi non te li fai più.
      Al delirio vengono tanti sordo muti ( non so perché) ma le prime volte non era facile rapportarsi con loro, col tempo ho imparato. Parlo lentamente li guardo e cerco anche con le mani di dare indicazioni, certo il minimo sindacale. A volte scrivo la risposata –
      Quello che voglio dire che capisco che per voi è difficile, ma anche per chi si rapporta con voi e non ha confidenza non è facile. Darsi una mano a vicenda sarebbe l’ideale.
      Le domande che tu dici sono solo pura cattiveria non credo che nessuna persona con un minimo di senso e di buon gusto si sognerebbe mai di farle. Io dell’imbecille glielo darei senza farmi nessun problema.
      Buona notte

      Piace a 2 people

      1. Senz’altro un comportamento “indesiderato” può avvenire in buona fede e, dar per scontate le cattive intenzioni, è un errore. Però di solito si reagisce bene, o male, a seconda del contesto in cui sei vissuto/cresciuto. Basta che guardi il caso mediatico di questi giorni: signora con un figlio di 24 anni con disabilità importanti. Non solo visive ma anche cognitive e di linguaggio. E questa ha fatto un casino bestiale sui giornali perché “si è sentita discriminata”. “Perché ci hanno segregati in una stanzetta, hanno discriminato il mio ragazzo”.
        Dopodiché si è venuto a sapere che nella struttura le persone si erano lamentate “per le urla a tavola”.
        Ora, posso essere onesta? Quando vado in giro a mangiar fuori e il vicino di tavolo è una famigliola con uno o più pargoli urlanti, mi danno fastidio. Quando non puoi neanche parlare perché ti sovrastano. Ma il bambino non è colpa sua, semmai sono i genitori… Figuriamoci se a urlare è una persona adulta come quella! Non è colpa sua se non riesce a comunicare col mondo in altra maniera, ma possibile che la mamma non pensi che oltre al benessere del suo pargolo-one-, c’è anche quello degli altri? Certo in tal caso l’albergo doveva essere più furbo e NON far presente con la signora, delle lamentele. Potevano dire “signora, che dice, la spostiamo qui perché state più larghi”.

        "Mi piace"

  4. Di gaffe ne ho sentite davvero di certe… A un collega che era appena rientrato dopo 3 giorni dalla perdita del padre, il capo fa “Ma cos’è questa faccia da funerale?”… Non x cattiveria ma x totale mancanza di empatia e interesse umano verso lui/noi.

    Piace a 2 people

      1. In generale possibile ma in questo caso ti assicuro che conoscendo la persona era proprio così. Pensa che a una collega che tornava dopo mesi di chemioterapia e aveva la parrucca per la calvizie disse letteralmente e tutto serio “Oh ma che bei capelli che ti sono venuti”. Non lo faceva sicuramente per cattiveria é che proprio… zero empatia!

        "Mi piace"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...